IL PASSATOR CORTESE
Stefano Pelloni era uno dei briganti romagnoli più conosciuti.
Soprannominato "Il Passatore", è nato nel 1824 a Boncellino Bagnacavallo, ultimo di dieci figli.
Da dove iniziò tutto?
Nell'estate del 1833, la madra di Stefano decise di mandarlo alle acque termali di Rioli, per rinforzarlo di salute, un centro frequentato da ricchi personaggi provenienti dalle legazioni.
L'origine della sua vocazione iniziò a rilevarsi sui "signori" proprio in quella estate.
La sua carriera criminale iniziò precocemente, infatti già all'età di 18 anni, nel settembre del 1842, commise un furto di fucili a danno di alcuni braccianti.
Insieme ad altri due compagni più esperti, prese di mira contadini e possidenti; estorcendo- sotto minaccia di incendi e violenze.
Pelloni venne arrestato svariate volte tra il 1843 e il 1845, riuscendo ad evadere, fino a quando non venne condannato dal tribunale di Ferrara e, dai primi di agosto del 1845, non uscì più dalla clandestinità, fino alla morte.
Comè nata la banda?
Pelloni non agiva da sola, fin dal 1847 si formò la Mansada, che fu chiamata "banda del passatore", di cui lui non fu il capo, ma bensì un leader di crudeltà.
La banda non aveva un organigramma fisso, ma si formava di volta in volta per seguire un progetto di rapina e poi si scoglieva.
La banda possedeva anche una rete di manutengoli, dritte e spie.
Qual'era la loro tattica?
La tattiche non si differenziava molto di volta in volta.
Una volta entrati dentro le mura e messo fuori gioco il presidio della forza pubblica, i briganti prendevano in ostaggio i cittadini più facoltosi che si trovavano nei luoghi pubblici.
I sequestrati venivano usati come scudo, per penetrare nelle loro abitazioni, dopo i briganti aprivano i mobili a colpi d'accetta e prendevano tutto, dalle monete agli oggetti di valore e infine facevano confluire su un tavolo il bottino, sfoggiando pubblicamente le ricchezza accumulate.